Sabato 15-2-03. In tutto il mondo MANIFESTAZIONI PER LA PACE. Secondo la CNN sono scesi in piazza 110 milioni di persone
Gli articoli pubblicati sul quotidiano  AVVENIRE del 16-2-03

MANIFESTAZIONI
Giornate di marce in tutto il mondo, da Tokyo a Lisbona.

In centodieci milioni per il no alla guerra

A Londra due milioni in piazza. Blair «fugge» e apre all’OnuCentodieci milioni di persone, in tutto il mondo, hanno gridato il loro "no" alla guerra. Dall’Australia al Giappone, dalla Corea all’India, dal Cairo a Mosca. Cortei festosi e colorati. Con musica e canti. In piazza bambini, giovani e anziani. Il "no" alla guerra è risuonato in ogni lingua – dalle piazze e dalle strade di 603 città in ben 72 Paesi – e ha scandito la giornata al ritmo dei diversi fusi orari. Centodieci milioni, secondo una stima della tv Usa «Cnn». Probabilmente la prima mobilitazione mondiale della storia. 
Una autentica globalizzazione della pace. La manifestazione più imponente, per numero di partecipanti, è stata quella di Roma. Ma anche Londra e Berlino hanno fatto segnare record storici. Mobilitate tutte le capitali europee: a Bruxelles hanno sfilato 35mila persone, ad Amsterdam in 70mila hanno dato vita a una manifestazione come non si ricordava da ann i; 80mila in piazza a Lisbona dove un gruppo di bambini issava il cartello «Insieme possiamo impedire la guerra»; oltre 50mila i manifestanti in Svezia, cifra mai raggiunta in quel paese; in Spagna, dove si è sfilato nel tardo pomeriggio in 55 città, Madrid e Barcellona sono state paralizzate da tre milioni di persone. Ancora: 100mila a Dublino; 12mila a Helsinki (la più grande manifestazione pacifista della storia della Finlandia), 10mila a Copenaghen. 
Cortei di protesta anche nel continente americano: si è sfilato in 250 città degli Stati Uniti, in Canada e in America Latina. Decine di migliaia in piazza in Sudafrica. Oltre cinquemila all’Avana. E in Brasile persino il derby carioca di oggi, tra Flamengo e Botafogo, servirà a lanciare un deciso "no" alla guerra.

A Londra due milioni in piazza. Blair «fugge» e apre all'Onu

Centodieci milioni di persone, in tutto il mondo, hanno gridato il loro "no" alla guerra. Dall'Australia al Giappone, dalla Corea all'India, dal Cairo a Mosca. Cortei festosi e colorati. Con musica e canti. In piazza bambini, giovani e anziani. Il "no" alla guerra è risuonato in ogni lingua - dalle piazze e dalle strade di 603 città in ben 72 Paesi - e ha scandito la giornata al ritmo dei diversi fusi orari. 
Centodieci milioni, secondo una stima della tv Usa «Cnn». Probabilmente la prima mobilitazione mondiale della storia. Una autentica globalizzazione della pace. La manifestazione più imponente, per numero di partecipanti, è stata quella di Roma. Ma anche Londra e Berlino hanno fatto segnare record storici. Mobilitate tutte le capitali europee: a Bruxelles hanno sfilato 35mila persone, ad Amsterdam in 70mila hanno dato vita a una manifestazione come non si ricordava da anni; 80mila in piazza a Lisbona dove un gruppo di bambini issava il cartello «Insieme possiamo impedire la guerra»; 
oltre 50mila i manifestanti in Svezia, cifra mai raggiunta in quel paese; in Spagna, dove si è sfilato nel tardo pomeriggio in 55 città, Madrid e Barcellona sono state paralizzate da tre milioni di persone. Ancora: 100mila a Dublino; 12mila a Helsinki (la più grande manifestazione pacifista della storia della Finlandia), 10mila a Copenaghen. Cortei di protesta anche nel continente americano: si è sfilato in 250 città degli Stati Uniti, in Canada e in America Latina. Decine di migliaia in piazza in Sudafrica. 
Oltre cinquemila all'Avana. E in Brasile persino il derby carioca di oggi, tra Flamengo e Botafogo, servirà a lanciare un deciso "no" alla guerra.

LA SPAGNA
Madrid «invasa» per fermare Aznar
pippo
da Madrid Michela Coricelli

Un lunghissimo serpente colorato ha attraversato Madrid, ramificandosi in tutto il centro della capitale spagnola: oltre un milione di persone (due milioni, secondo gli organizzatori della marcia) sono scese per le strade per gridare il loro no al conflitto, un rifiuto che contrasta chiaramente con la posizione assunta dal governo di Aznar, vicino alle scelte di Washington e Londra. 
Contemporaneamente, lo stesso slogan - «Fermare la guerra è possibile» - guidava le manifestazioni di altre 55 città della Spagna. La polemica interna si fa sempre più rovente: gli spagnoli non vogliono una guerra contro l'Iraq (gran parte non accetta l'intervento neanche con la luce verde dell'Onu), e si moltiplicano le critiche contro l'esecutivo, accusato di seguire passivamente la volontà del presidente americano. Il premier Aznar, in una recente intervista televisiva, ha chiesto «comprensione e fiducia» ai cittadini, assicurando che la Spagna sta lavorando per la sicurezza e la pace mondiale, a favore di una seconda risoluzione del Consiglio di Sicurezza. Ma non basta. 
I sondaggi dimostrano che gli spagnoli vogliono che Aznar si avvicini alle posizioni di Francia e Germania. Milioni di persone in tutto il Paese, da Oviedo a Siviglia, da Malaga a Santander, hanno partecipato a quella che il segretario del sindacato Commissioni Operaie ha definito «la più grande manifestazione della storia spagnola». Barcellona ha rischiato il "collasso", soffocata da una partecipazione cittadina imprevista: secondo i promotori della marcia, nella città catalana hanno sfilato un milione e 300.000 persone. 
Anche a Madrid strade e stazioni metropolitane sono state paralizzate da un'incredibile folla, che ha costretto a cambiare il percorso della manifestazione. Alla testa del corteo - fra cartelli e bandiere arcobaleno - i volti più noti del cinema spagnolo: dal regista Pedro Almodovar a Leonor Watling, attrice protagonista del film Parla con lei. La marcia contro la guerra era capeggiata da quattro gruppi: oltre agli attori, i rappresentanti dei movimenti sociali, i sindacati e i partiti politici di sinistra con il manifesto «No all'intervento dello Stato spagnolo», e infine lo striscione «Giornalisti contro la guerra». 
«Se il governo non ci ascolta, non è legittimato a rappresentarci», ha dichiarato Pedro Almodovar poco prima di leggere il manifesto conclusivo della protesta. «La guerra non può essere preventiva - ha urlato il regista di fronte alla folla di Puerta del Sol - l'unica prevenzione è la pace».

Francia
Con i veterani e la gauche

Parigi. Parecchi veterani della guerra del Golfo e numerosi pacifisti americani hanno guidato il corteo di 250 mila persone che ha sfilato da piazza Denfert-Rochereau alla Bastiglia. E in tutta la Francia sono stati in oltre mezzo milione a dire "no" al conflitto e a George Bush. In prima fila la "gauche", con socialisti, comunisti e verdi al completo.

Germania
Record del dopoguerra

Berlino. Almeno mezzo milione in piazza per la manifestazione pacifista più imponente del dopoguerra in Germania. I dimostranti hanno invaso allegramente Berlino con centinaia di palloncini colorati, appoggiando la linea del governo rossoverde. Presenti anche tre ministri, nonostante un invito in senso contrario del cancelliere Schroeder.

Est Europa
Da Sofia a Bratislava

Vienna. Manifestazioni per la pace si sono tenute in tutte le capitali dell'Europa centro-orientale. Nella neutrale Austria 30 mila persone si sono radunate nella piazza centrale della capitale. A Praga duemila persone hanno preso parte a due distinti cortei. Migliaia di dimostranti in piazza anche a Sofia, Budapest e a Bratislava, in Slovacchia.

Sud-est asiatico
Contestata l'Australia

Bangkok. Tremila manifestanti si sono riversati nelle strade della capitale thailandese, al grido «Nulla giustifica la guerra». Manifestazioni in tutto il sud-est asiatico. In Malaysia hanno sfilato in duemila davanti alla sede diplomatica Usa a Kuala Lumpur. A Giacarta corteo all'ambasciata australiana. Duemila in piazza a Seul.

Paesi arabi
In 200 mila a Damasco

Il Cairo. Da Amman al Cairo, da Damasco a Beirut, nelle capitali arabe ci si è schierati contro l'intervento in Iraq. La manifestazione più imponente a Damasco, dove sono sfilate 200 mila persone. Enorme il dispiegamento di poliziotti e agenti della sicurezza al Cairo, dove sono stati scanditi slogan contro Stati Uniti, Gran Bretagna e Israele

Russia
Un migliaio sfida il gelo

Mosca. Sfidando il termometro che segnava 15 gradi sotto zero, un migliaio di persone si è data appuntamento davanti al ministero degli Esteri ed è sfilata fino all'ambasciata americana. Slogan e cartelli recitavano: «Giù le mani dall'Iraq». Qua e là dalla piazza si è levato anche qualche slogan che invitava Putin a essere «più fermo con gli Stati Uniti».

Dissenso
Esuli iracheni: così sbagliate

Un medico, esule iracheno a Londra, con la propria famiglia tuttora a Baghdad, in una lettera al «Guardian» ha spiegato perché non ha partecipato - come la gran parte dei suoi compratioti - ai cortei per la pace. «A tutte queste persone voglio dire questo: se pensate di servire gli interessi del popolo iracheno, allora vi sbagliate. In realtà state salvando Saddam. Voi state privando la gente della possibilità di liberarsi di lui».

«Gli Usa non perdoneranno le bugie del rais»
Da Berlino
Giovanni Maria Del Re

La guerra è solo rinviata, ma ci sarà, perché non sarà concesso un ennesimo prolungamento delle ispezioni. Per Michael Stürmer, storico di fama, esperto in questioni geostrategiche, nonché editorialista del quotidiano Die Welt di Berlino, non bisogna fare l'errore di sottovalutare il dittatore e neppure la volontà degli Stati Uniti di risolvere il problema una volta per tutte. Per Stürmer, il rapporto che Hans Blix ha presentato venerdì al Consiglio si sicurezza delle Nazioni Unite ha sì degli aspetti positivi, ma contiene anche dure accuse nei confronti del governo iracheno.
Che cosa la preoccupa, professore, del rapporto?
È vero che il capo degli ispettori Hans Blix ha parlato di alcuni miglioramenti nella cooperazione di Baghdad con gli ispettori. Ma ha anche detto che continuano a mancare all'appello migliaia di tonnellate di sostanze micidiali, in grado di seminare morte e distruzione in tutti i Paesi vicini. E l'Iraq ancora non ha davvero spiegato che fine abbiano fatto.
Sì, ma intanto la Francia, e implicitamente la Germania, hanno segnato un punto a loro favore ottenendo un prolungamento delle ispezioni.
C'è da chiedersi a che cosa serva questo prolungamento e se davvero sarà utile a scoprire qualcosa in più. Perché, senza cooperazione da parte dell'Iraq, si potrebbe finire alle calende greche senza trovare niente. Del resto, il ministro degli Esteri francese Dominique de Villepin aveva chiesto un secondo rapporto il 14 marzo. Invece la data è ora il primo marzo.
Già, ma ora Saddam ha autorizzato voli di perlustrazione anche con i Mirage francesi...
Non è che io sia tanto ottimista. Perché, se c'era qualcosa da nascondere, a quest'ora si trova in bunker sotterranei o celato nel fitto dell'abitato di città come Baghdad. Se davvero è così, gli aerei serviranno a ben poco.
Dunque pensa non vi sarà un ulteriore rinvio del lavoro degli ispettori?
Penso che i rinvii siano finiti. L'avvio del conflitto è davvero ormai questione di pochissime settimane, due o tre al massimo, anche per ragioni climatiche: oltre metà marzo il caldo potrebbe essere insopportabile per le truppe impegnate nelle operazioni.
Ma Francia, Russia e Germania potrebbero continuare a opporsi a qualsiasi intervento armato. Berlino ora si sente un po' meno isolata...
È una pura illusione. Mosca e Parigi (soprattutto la seconda), hanno fatto capire che la guerra resta l'ultima opzione: non la escludono. Se Saddam Hussein continuerà a non cooperare, non credo che continueranno a opporsi solo per la bella faccia della Germania. E a quel punto non mi stupirei se il presidente Chirac dicesse: «La Francia non può restare fuori e magari mandasse a sua volte delle truppe». La Germania allora davvero si ritroverebbe isolata.

Atene
Tafferugli e lancio di pietre

Qualche tafferuglio, un'auto incendiata e il lancio di lacrimogeni da parte della polizia. Si è conclusa così, con qualche incidente ai margini del corteo, una delle più grandi manifestazioni che si ricordino in Grecia. Contro la guerra in Iraq hanno sfilato ad Atene 250 mila persone. Un gruppo di giovani con il volto coperto, staccatosi dal grosso del corteo, ha cominciato a lanciare pietre e bottiglie incendiarie: la polizia ha risposto con il gas lacrimogeno. Il bilancio dei danni è di un'auto data alle fiamme, altre danneggiate e qualche vetrina in frantumi. Non ci sono stati feriti. Diversi sacchetti di vernice rossa sono stati lanciati contro il muro esterno dell'ambasciata d'Italia. A Tessalonica alcuni manifestanti hanno lanciato pietre contro il consolato americano e anche qui la polizia ha usato il gas lacrimogeno.

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