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Padre Antonio Rungi
Superiore Provinciale
antonio.rungi@tin.it
 Pagina personale



“Il decalogo contro la pena di morte”
Dieci motivi validi per opporsi all’esecuzione capitale
.
Di padre Antonio Rungi


Comunicato stampa
Giovedì
04  gennaio 2007, ore 10
,00



“Non è stato soltanto l’esecuzione capitale di Saddam Hussein a riaprire la questione della pena di morte a livello mondiale, ma è un’esigenza avvertita da sempre di ripensare ed abrogare questa legge negli Stati ove ancora oggi viene praticata”, è quanto sostiene il teologo morale padre Antonio Rungi, superiore provinciale dei Passionisti di Napoli. “Esistono dieci validi motivi perché la pena capitale venga eliminata dalla legislazione degli Stati democratici o più in generale dalla legislazione della comunità internazionale. Esistono altre pene più rispettose della dignità del reo, dei dittatori, degli assassini, degli stupratori, dei violentatori e delle persone che delinquono in alcuni campi, per i quali è prevista la pena capitale nei relativi Stati nazionali. Tali forme devono comunque rispettare la persona umana, anche nella sua colpevolezza e nella sua responsabilità morale e penale degli atti compiuti. I motivi per trasformare la pena capitale in ergastolo o in pene più o meno corrispondenti, ma comunque salutari e garantiste della comunità civile sono tanti e tutti validi”. 
1. Difendere persone e società è un diritto di tutti. E' quindi legittimo far rispettare la propria vita. Tuttavia, se uno nel difendere la propria vita usa maggior violenza del necessario, il suo atto è illecito. Nella pena capitale la difesa della vita dello Stato è eccessiva e quindi illecita, nel caso di una persona arrestata. 
2. La legittima difesa è un grave dovere, per chi è responsabile della vita di altri. La difesa del bene comune esige che si ponga l'ingiusto aggressore in stato di non nuocere. Di fronte ad una persona arrestata, processata e condannata siamo davanti nelle condizioni di non nuocere. Per cui la pena capitale è fuori luogo.
3. La legittima autorità pubblica ha il diritto ed il dovere di infliggere pene proporzionate alla gravità del delitto. La pena ha innanzi tutto lo scopo di riparare il disordine introdotto dalla colpa. La pena mira ha anche uno scopo medicinale: nella misura del possibile, essa deve contribuire alla correzione del colpevole. Nel caso del condannato a morte questo non viene di fatto rispettato. 
4. Il ricorso alla pena di morte è possibile solo quando questa fosse l'unica via praticabile per difendere efficacemente dall'aggressore ingiusto. I carcerati, gli ergastolani non costituiscono un pericolo pubblico se sono in stato di detenzione.
5. Bisogna privilegiare i mezzi incruenti se questi sono sufficienti per difendere dall'aggressore e per proteggere la sicurezza delle persone, poiché essi sono meglio rispondenti alle condizioni concrete del bene comune e sono più conformi alla dignità della persona umana.
6. Lo Stato per reprimere efficacemente il crimine deve porre in essere tutti gli strumenti adatti al riguardo. Stessa cosa deve fare la comunità internazionale nelle sedi competenti.
7. Nell’accresciuta consapevolezza della democrazia nel mondo, la pena capitale va contro ogni educazione alla rispetto della persona umana e della stessa società.
8. La pena capitale non risulta essere un reale deterrente per eliminare il crimine in determinate società e culture odierne. E’ fuori luogo adottarla, quando è necessario un’opera di educazione e di prevenzione.
9. La società non può arrogarsi il diritto di sopprimere i suoi membri nel caso di dittatori, sanguinari e delinquenti di ogni genere. Deve applicare leggi severe, ma comunque rispettose della dignità di ogni persona. La violenza genera altra violenza e l’ingiustizia altra ingiustizia.
10. E’ diseducativo al massimo proporre la pena capitale come rimedio ai mali del mondo di oggi e di sempre. L’uomo non può essere “Caino” nei confronti dei suoi simili.


Napoli,
4 gennaio 2007

L’Addetto Stampa- Curia provinciale- Passionisti

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