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Padre Antonio Rungi
Superiore Provinciale
antonio.rungi@tin.it
 

 

III Catechesi di padre Antonio Rungi
su Teleradio Padre Pio.


Comunicato stampa
Lunedi'
20 marzo 2006, ore 20
,00


Sia lodato Gesù Cristo

Carissimi radioascoltatori di Teleradio padre Pio, in questa terza puntata della Rubrica “I simboli della Quaresima”. Preparazione alla Pasqua”, vogliamo riflettere insieme sul significato del primo simbolo della Pasqua che utilizziamo nella liturgia della Veglia pasquale: il fuoco. Ciò per aiutare la comprensione del significato più profondo del mistero della risurrezione, attraverso i simboli. Ed il fuoco è uno di questi simboli pasquali

Secondo il Rinnovamento della catechesi, infatti, i segni vanno utilizzati con questi accorgimenti: devono lasciar trasparire la realtà divina che in essi si esprime e si comunica all’uomo; devono essere traduzione-attuazione della gloria divina per l’uomo;
ciò che conta non è tanto il loro "simbolismo naturale" quanto piuttosto la verità di salvezza che esso evoca e misticamente realizza; la pedagogia del segno esige che esso renda familiare il passaggio dai segni visibili agli invisibili misteri; si eviterà un duplice rischio: parlare dei segni senza riferimento al mistero, presentare il mistero senza riferimento ai segni.

Nel nostro caso, il fuoco, soprattutto nel contesto della liturgia della Veglia Pasquale assume un significato speciale.

Nella notte di Pasqua, infatti, la celebrazione si arricchisce in modo evidente del simbolismo del fuoco. Il braciere, che arde fuori della chiesa e da cui si accende il cero, attrae l’attenzione dei fedeli in questo primo momento che prepara la celebrazione pasquale. Il trionfo della luce sulle tenebre, del calore sul freddo, della vita sulla morte (mistero poi solennemente proclamato da letture e azioni sacramentali della più solenne tra le notti) è già sinteticamente espresso in questo concreto linguaggio del fuoco nuovo, intorno al quale si riunisce la comunità.

Seguirà la processione con il grido gioioso: "La luce di Cristo", e la luce si comunicherà progressivamente ad ogni partecipante. La preghiera del Messale Romano che accompagna la benedizione del fuoco, ci appare piuttosto espressiva: "O Padre, che per mezzo del tuo Figlio ci hai comunicato la fiamma viva della tua gloria, benedici questo fuoco nuovo, fa che le feste pasquali accendano in noi il desiderio del cielo, e ci guidino, rinnovati nello spirito, alla festa dello splendore eterno".

Il fuoco è presente, nella liturgia, anche in altre occasioni o realtà: nelle lampade e nei ceri accesi durante la celebrazione o davanti al tabernacolo. Qui, oltre al simbolismo della luce, vi ritroviamo la misteriosa realtà del fuoco: la fiamma che si consuma lentamente mentre illumina, abbellisce e riscalda, dando senso poetico e familiare alla celebrazione.

Altra solenne occasione, sebbene meno conosciuta, è il rito della Dedicazione della chiesa. Si accende il fuoco in un braciere che è posto sull’altare e vi si brucia l’incenso. Su quella mensa sta per rinnovarsi il memoriale del sacrificio di Cristo.

Nell’Antico Testamento era il fuoco a consumare i sacrifici; ora s’invoca in qualche modo la forza santificatrice di Dio sul nostro sacrificio.

Il fuoco, com’è detto chiaramente dal canto del "Veni Creator", è lo Spirito Santo, invocato in ogni Eucaristia sui doni del pane e del vino per operare la loro misteriosa trasformazione nel Corpo e nel Sangue di Cristo. Il fuoco è il simbolo del sacrificio di Cristo e del potere santificante di Dio, che prende possesso dell’altare e di ciò che su di esso sarà celebrato.

Nella Bibbia troviamo ben 567 volte citato il termine fuoco con significati e in contesti molto diversi, dai primi libri, fino all’ultimo l’Apocalisse. Basta ricordare il fuoco del Roveto ardente. Il fuoco e zolfo sulla la città depravata di Gomorra. Il fuoco presente nel sacrificio di Isacco. Il fuoco che fa compagnia ai pastori nella notte della nascita del Redentore e soprattutto nelle apparizioni di Gesù ai discepoli dopo la sua risurrezione.

Qui cito il testo del Vangelo di Matteo 3,11-12 che si addice particolarmente al significato della Pasqua, riferendosi chiaramente alla figura del Messia, Gesù Cristo. Giovanni Battista, il Precursore cerca, attraverso, le sue catechesi, di far capire ai suoi discepoli e a quanti attendevano il Messia, che non era lui l’atteso salvatore, ma il Cristo. “Io vi battezzo con acqua per la conversione; ma colui che viene dopo di me è più potente di me e io non son degno neanche di portargli i sandali; egli vi battezzerà in Spirito santo e fuoco.
Egli ha in mano il ventilabro, pulirà la sua aia e raccoglierà il suo grano nel granaio, ma brucerà la pula con un fuoco inestinguibile".
Chiaro riferimento alla missione di Gesù Cristo. Egli viene per salvare e la salvezza passa attraverso la purificazione e la conversione.

Il fuoco, elemento naturale, posto alla base della vita dalla filosofia antica, costituendo il principio delle cose, nella storia della cultura ha assunto una pluralità di significati: da quello distruttivo a quello costruttivo. Si sa che il fuoco quando divampa e non viene controllato rischia di distruggere ogni cosa. E ciò non solo fisicamente, ma anche moralmente. Il fuoco della passione può portare l’uomo a comportamenti immorali. Ma è pur vero che il fuoco della carità e dell’amore verso Dio e verso il prossimo può portare ad atti eroici e a vivere coerentemente la propria scelta di fede.
Il fuoco nuovo che si accende nella veglia pasquale ha proprio questa duplice valenza. Distruggere le tenebre del male e il fuoco vecchio delle passioni e del peccato e far emergere il fuoco nuovo che viene da Cristo redentore. Fuoco che porta luce e speranza nei cuori.
Quel braciere entro il quale viene acceso questo fuoco siamo espressi simbolicamente noi. Come contenitori di questo fuoco divino, dobbiamo farlo brillare ed alimentarlo, perché esso non si spenga nella nostra ed altrui vita.

La Pasqua è la solennità che deve favorire l’accensione dell’amore di Dio nei nostri cuori.
Cito qui il n. 12 della Prima Lettera Enciclica di Benedetto XVI: “Nella sua morte in croce si compie quel volgersi di Dio contro se stesso nel quale Egli si dona per rialzare l'uomo e salvarlo. Amore, questo, nella sua forma più radicale. Lo sguardo rivolto al fianco squarciato di Cristo, di cui parla Giovanni (cfr 19, 37), comprende ciò che è stato il punto di partenza di questa Lettera enciclica: «Dio è amore » (1 Gv 4, 8). È lì che questa verità può essere contemplata. E partendo da lì deve ora definirsi che cosa sia l'amore. A partire da questo sguardo il cristiano trova la strada del suo vivere e del suo amare.
E con questi sentimenti vi do l’appuntamento a lunedì prossimo.
Sia Lodato Gesù Cristo


Napoli,
20 marzo 2006

L’Addetto Stampa- Curia provinciale- Passionisti

 

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