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Padre Antonio Rungi
Superiore Provinciale
antonio.rungi@tin.it
 

 

Lettera circolare del Superiore Provinciale
di Antonio Rungi.


Comunicato stampa
Mercoledi'
01 marzo 2006, ore 08
,00


Carissimi Confratelli

1. Siamo incamminati verso la Pasqua annuale, ma siamo soprattutto incamminati verso la Pasqua eterna, quella che conta di più in una visione di fede. Per aiutare tale cammino spirituale vi propongo una riflessione sull’economia e sulla solidarietà. Tematica che dice stretto rapporto con il voto di povertà, che tutti abbiamo professato. D’altra parte, il tempo di Quaresima è quello più propizio per parlare di digiuno, penitenza, opere di carità, solidarietà ed impegno fattivo verso gli altri.
Questa riflessione conclude il ciclo dell’intero progetto che ho inteso sviluppare alla vigilia del Capitolo Generale e di quello, che più ci riguarda direttamente, del Capitolo provinciale.

2. Testo di riferimento principale è quello del Vangelo di Marco, relativo alla chiamata del giovane ricco: “Mentre usciva per mettersi in viaggio, un tale gli corse incontro e, gettandosi in ginocchio davanti a lui, gli domandò: "Maestro buono, che cosa devo fare per avere la vita eterna?". Gesù gli disse: "Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo. Tu conosci i comandamenti: Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non dire falsa testimonianza, non frodare, onora il padre e la madre". Egli allora gli disse: "Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza". Allora Gesù, fissatolo, lo amò e gli disse: "Una cosa sola ti manca: và, vendi quello che hai e dàllo ai poveri e avrai un tesoro in cielo; poi vieni e seguimi". Ma egli, rattristatosi per quelle parole, se ne andò afflitto, poiché aveva molti beni. Gesù, volgendo lo sguardo attorno, disse ai suoi discepoli: "Quanto difficilmente coloro che hanno ricchezze entreranno nel regno di Dio!". I discepoli rimasero stupefatti a queste sue parole; ma Gesù riprese: "Figlioli, com'è difficile entrare nel regno di Dio! È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio". Essi, ancora più sbigottiti, dicevano tra loro: "E chi mai si può salvare?". Ma Gesù, guardandoli, disse: "Impossibile presso gli uomini, ma non presso Dio! Perché tutto è possibile presso Dio". Pietro allora gli disse: "Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito". Gesù gli rispose: "In verità vi dico: non c'è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi a causa mia e a causa del vangelo, che non riceva già al presente cento volte tanto in case e fratelli e sorelle e madri e figli e campi, insieme a persecuzioni, e nel futuro la vita eterna. E molti dei primi saranno ultimi e gli ultimi i primi" (Mc. 10,17-31).

3. Il testo del Vangelo pone alla nostra attenzione una persona in cerca di una perfezione superiore, lui che osserva ogni cosa ed è scrupoloso e sente di essere anche nel giusto. Qualcosa, evidentemente, gli manca ed avverte l’esigenza di fare un cammino più impegnativo per se stesso e nei confronti di Dio. Si rivolge a Gesù e gli dice: “Maestro buono, cosa devo fare per avere la vita eterna?”. La risposta di Gesù è chiara: gli chiede il totale distacco dai beni della terra, gli chiede di fare una scelta di povertà e di radicalità, senza compromesso di sorta. Il giovane non riesce ad assumere tale importante decisione della sua vita, che avrebbe sicuramente cambiato l’intera sua esistenza. Per cui, ritorna sui suoi passi, non segue Gesù. Egli si è misurato con le sue forze, sa che non gli è possibile lasciare tutto ciò che possiede per seguire il Maestro, che chiede totale disponibilità a Lui e assoluta libertà da ogni cosa. Il testo del Vangelo prosegue con il discorso del distacco dai beni della terra chiamando in causa i Discepoli, che avendo ormai lasciato ogni cosa per il Signore, si attendono delle certezze e sicurezze: “Noi che abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito, cosa riceveremo?”. Anche in questo caso Gesù è esplicito: “Chi ha lasciato ogni cosa per seguire Lui, riceverà cento volte tanto in questo mondo e la vita eterna”.

4. In questa promessa di Gesù agli Apostoli, troviamo, indirettamente, espresse anche le nostre attese ed aspettative, quando abbiamo lasciato tutti e tutto per seguire Cristo nella vita consacrata, mediante la professione dei consigli evangelici di povertà, castità ed obbedienza e come passionisti anche il voto di fare memoria della Passione di Gesù.
Abbiamo lasciato una famiglia piccola, ne abbiamo trovata una molto più grande, quella di San Paolo della Croce, che oggi è la nostra famiglia, con tutti i religiosi che la compongono, sia a livello di comunità locali e di Provincia, e sia a livello generale, che è la nostra Congregazione. Abbiamo lasciato una casa, ne abbiamo trovate tante altre, che sono i nostri ritiri e conventi.
La prima ristrutturazione l’abbiamo effettuata dentro di noi, ponendoci alla sequela di Cristo, entrando nella Famiglia di Paolo della Croce, che egli volle fondare soprattutto sulla povertà. D’altra parte, la storia della nostra Congregazione, tranne qualche eccezione, non presenta religiosi provenienti da famiglie ricche, nobili o particolarmente dotate economicamente. Per lo più, i religiosi della Famiglia di Paolo della Croce, erano e sono religiosi “poveri” all’origine. Quindi, persone che, da un punto di vista sociale, sono favorite per fare un cammino di vera povertà e solidarietà, perché tra i poveri ci si comprende con più facilità.

5. Vi invito a fermarvi un attimo su quanto leggiamo nelle nostre Costituzioni al riguardo della povertà e della solidarietà. “Cristo manifestò il suo amore facendosi povero per noi. In risposta a Lui, intendiamo vivere in vera povertà evangelica, con impegno sia personale che comunitario. Ci adoperiamo concretamente che la povertà penetri il nostro modo di vivere in un atteggiamento di autentico distacco e di corretto uso dei beni terreni. Siamo consapevoli che questo può condurre alla insicurezza e talvolta all’indigenza. Tuttavia, confidiamo totalmente in Dio e, sorretti dalla sua grazia, prendiamo ciascun giorno come dono del Padre, senza affanno di accumulare ricchezze per il domani. Questo spirito di povertà, che è frutto della grazia di Cristo, ci dispone maggiormente al servizio di tutti” (CCP, 10). Ciò non significa che siamo legittimati a sperperare ogni cosa e consumare tutto quello che altri hanno messo da parte, come oculati amministratori dei beni di tutti. “Sull’esempio della prima comunità cristiana che era un cuor solo ed un’anima sola e tutto aveva in comune –come ho già ricordato nella precedente Lettera circolare- non riteniamo come propri i nostri beni e preferiamo vivere insieme condividendo ogni cosa in una vita semplice e modesta” (CCP, 11).

6. La logica in questo caso vuole che si prenda in seria considerazione ciò che è il dettato costituzionale dei Passionisti, che è ancora valido: “La pratica della povertà sia sincera ed autentica. Risplenda nella comunità, nella Provincia e nella Congregazione. Sia evitata ogni forma di lusso, di guadagno e di accumulazione dei beni. Siamo lieti dell’indispensabile in uno stile di vita semplice e frugale” (CCP, 168). Ed aggiunge: “Lo sperpero e la trascuratezza nell’uso dei beni temporali non solo arreca danno all’economia, ma offende anche la povertà religiosa” (CCP, 175).
Cose che devono farci riflettere, perché il futuro di una Casa, di una Provincia o dello stesso Istituto dipende molto da una sana economia, che deve partire dalla povertà ed approdare alla solidarietà all’interno e all’esterno della Congregazione.

7. Mi risulta particolarmente gradito citare quanto deciso nel Capitolo Provinciale LXXIII circa il tema della solidarietà: “Le amministrazioni locali e provinciale determinano annualmente un contributo di solidarietà, per le povertà vicino alla casa e per il fondo di solidarietà della Congregazione”. Cose sulle quali è opportuno interrogarsi, alla vigilia di un Capitolo generale, incentrato sulla Ristrutturazione e che ha a cuore particolarmente il tema della solidarietà, e non solo economica, tra tutte le realtà della Congregazione. Importante anche domandarsi in che modo noi Passionisti della Provincia dell’Addolorata vogliamo rispondere concretamente alle aspettative di solidarietà all’interno e all’esterno delle nostre realtà locali sapendo delle tante esigenze e necessità.

8. Solidarietà alle comunità che sono povere per numero di religiosi e per entrate; solidarietà ai religiosi non più autosufficienti ed avanti negli anni; solidarietà alle comunità in difficoltà per problemi di varia natura e consistenza. Solidarietà all’esterno dei conventi con il prendersi cura delle tante povertà, spirituali e materiali, che ci sollecitano a cambiare mentalità ed aprirsi, nel rispetto delle leggi dello Stato, a chi bussa alla porta delle nostre case e soprattutto del nostro cuore. Se è vero che la carità, oggi, è possibile farla solo al di fuori del convento, perché non farla poi concretamente con iniziative tese ed aiutare chi sta nel bisogno? E ciò specialmente in quelle comunità ove la presenza della parrocchia conventuale o extra-conventuale ci permette di aiutare, senza neppure grandi sacrifici, chi non ha nulla e si trova in necessità.

9. Richiamo alla vostra attenzione una citazione tratta dall’Enciclica di Benedetto XVI, “Deus caritas est”, n. 28: “L'amore — caritas — sarà sempre necessario, anche nella società più giusta. Non c'è nessun ordinamento statale giusto che possa rendere superfluo il servizio dell'amore. Chi vuole sbarazzarsi dell'amore si dispone a sbarazzarsi dell'uomo in quanto uomo. Ci sarà sempre sofferenza che necessita di consolazione e di aiuto. Sempre ci sarà solitudine. Sempre ci saranno anche situazioni di necessità materiale nelle quali è indispensabile un aiuto nella linea di un concreto amore per il prossimo. Lo Stato che vuole provvedere a tutto, che assorbe tutto in sé, diventa in definitiva un'istanza burocratica che non può assicurare l'essenziale di cui l'uomo sofferente — ogni uomo — ha bisogno: l'amorevole dedizione personale. Non uno Stato che regoli e domini tutto è ciò che ci occorre, ma uno Stato che generosamente riconosca e sostenga, nella linea del principio di sussidiarietà, le iniziative che sorgono dalle diverse forze sociali e uniscono spontaneità e vicinanza agli uomini bisognosi di aiuto. La Chiesa è una di queste forze vive: in essa pulsa la dinamica dell'amore suscitato dallo Spirito di Cristo. Questo amore non offre agli uomini solamente un aiuto materiale, ma anche ristoro e cura dell'anima, un aiuto spesso più necessario del sostegno materiale. L'affermazione secondo la quale le strutture giuste renderebbero superflue le opere di carità di fatto nasconde una concezione materialistica dell'uomo: il pregiudizio secondo cui l'uomo vivrebbe «di solo pane» (Mt 4, 4; cfr Dt 8, 3) — convinzione che umilia l'uomo e disconosce proprio ciò che è più specificamente umano”.

10. Parafrasando questo numero dell’Enciclica ed adattandolo alle nostre realtà istituzionali interne (Comunità, Provincia, Congregazione), possiamo affermare con certezza che la via maestra per giungere ad uno stile di vita povera e solidale passa attraverso la legge dell’amore. Se si ama davvero si è capaci di rinunciare a tutto e a sacrificare la propria vita per il bene altrui. Se non si ama, o peggio si è egoisti al massimo, non c’è spazio per vivere la povertà e la solidarietà. Concentrati come si è sui propri affari ed interessi non ci si accorge dei bisogni altrui, delle sofferenze altrui, delle solitudini altrui. In molti casi, servirebbe solo un gesto di attenzione e di benevolenza verso chi si trova in necessità. Sia il nostro stile di vita povera e solidale secondo l’insegnamento di Gesù che disse: “c’è più gioia nel dare che nel ricevere”, soprattutto se diamo qualcosa di nostro a cui particolarmente teniamo.

11. La Quaresima ci aiuti a recuperare questa dimensione importante della vita consacrata, che è lo spirito di povertà, facendo tesoro dell’insegnamento di Cristo nel Discorso della Montagna: “Beati i poveri in spirito, perché di essi è il Regno dei cieli” (Mt. 5,3) e delle raccomandazioni del nostro Fondatore che, prima di morire, specialmente ai superiori ricordò: “che sempre più fiorisca nella Congregazione lo spirito dell’orazione, lo spirito di solitudine e lo spirito di povertà; e siate pur sicuri che, se si manterranno queste tre cose, la Congregazione fulgebit in conspectu Dei et gentium”.
Non si può essere poveri secondo il cuore di Cristo e secondo lo spirito di San Paolo della Croce se siamo attaccati ai nostri beni personali e comunitari, se sperperiamo facilmente i propri ed altrui guadagni, se siamo chiusi ai bisogni dei fratelli più poveri e alle necessità altrui. Necessità che sono evidenti all’interno e all’esterno delle nostre comunità religiose, della Provincia e dell’intera Congregazione. Non viviamo lo spirito di povertà se ci impegniamo poco o nulla nei servizi e nelle attività economiche delle comunità e della Provincia, ben sapendo che “la prima risorsa economica è l’assiduo lavoro di tutti i religiosi” (CCP, 170).

12. La Madonna Addolorata che offrì tutta la sua vita a Dio, San Paolo della Croce che si consacrò al Signore vivendo uno stile di povertà totale e di solidarietà verso tutti e specialmente i più abbandonati, ci diano la gioia di assaporare quanto è bello essere distaccato dal denaro e dai beni che possediamo, per rendere il nostro cuore e la nostra vita sempre più libera di servire solamente e pienamente Dio e in Dio ogni nostro Confratello ed ogni nostro fratello, soprattutto se è bisognoso ed indigente.
Alla Madonna Addolorata e a San Paolo della Croce affido le persone dei nostri benefattori, primi fra tutti i nostri familiari, che, nonostante le difficoltà economiche del tempo odierno, sono molto attenti alle nostre necessità e spesso oltre ad assicurarci il necessario ci donano anche il superfluo che difficilmente dispensiamo agli altri.

13. Mi piace concludere questa ultima mia Lettera circolare, indirizzata ai miei amati Confratelli della Provincia dell’Addolorata e del Vicariato, che ho cercato di servire, in questi tre anni, nonostante i miei limiti, con grande generosità e senza risparmiare energie, con una preghiera della Beata Madre Teresa di Calcutta. Alla “santa della carità e della solidarietà”, si ispirano, infatti, molti Passionisti in Italia e nel Mondo, nel loro agire quotidiano e nei loro impegni apostolici per annunciare e testimoniare il Vangelo della carità, che è incentrato sulla Passione di Cristo, che è passione per la vita: “Apri i nostri occhi, Signore, perché possiamo vedere Te nei nostri fratelli e sorelle. Apri le nostre orecchie, Signore, perché possiamo udire le invocazioni di chi ha fame, freddo, paura. Apri il nostro cuore, Signore, perché impariamo ad amarci gli uni gli altri come tu ci ami. Donaci di nuovo il tuo Spirito, Signore, perchè diventiamo un cuor solo e un’anima sola, nel tuo nome. Amen”.

Fraternamente in Cristo

Napoli,
01 marzo 2006

L’Addetto Stampa- Curia provinciale- Passionisti

 

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